DISCUSSIONE STORICA E SPUNTI circa 'SPAGNA '36/'39 ecc..

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Ispaniet
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DISCUSSIONE STORICA E SPUNTI circa 'SPAGNA '36/'39 ecc..

Messaggio da Ispaniet »

Carissimi, incollo qui alcuni testi da me redatti in passato per l'Univ. di GE.

Sovente sono incompleti e non certo immuni da errori. Spero possano essere utili far luce su di una storia troppe volte in ombra.

Antefatti.

La Spagna, alla vigilia dello scoppio della guerra del 1936, viveva una situazione definibile quantomeno incandescente, ma ciò aveva radici antiche.

Nei primi anni del Novecento riguardanti la Spagna, è da evidenziare come in nel paese convivessero condizioni sociali estreme, sia relativamente alle classi sociali, sia per le correnti di pensiero che si erano affermate sino ad allora ed anche per l’antica condizione ancora semi-feudale di parte della cultura dell’alta borghesia e dell’aristocrazia terriera.

Da secoli il potere economico latifondista era in mano a ristrette cerchie di potenti legati anche a gran parte della gerarchia cattolica; questa unione di interessi trovava da sempre tutela dal potere centrale monarchico che esercitava tale potere per mezzo dell’esercito e delle forze di polizia (Guardia Civil).

L’esercizio del potere contro ogni sollevazione contadina od operaia vedeva l’uso della violenza ed anche nei centri maggiori, dove si affermava l’industrializzazione soprattutto metallurgica (Catalogna, Paese Basco, area di Madrid..); molte volte i primi movimenti operai venivano repressi nel sangue.
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In tale quadro di crescente esasperazione delle parti, vide potente affermazione, caso unico nella Storia, l’organizzazione anarchica, i cui primi ‘semi’ erano stati sparsi in terra iberica a fine Ottocento da ex-garibaldini italiani.

La creatività e spontaneismo insiti nella concezione libertaria, trovarono grande esito nelle masse sfruttate spagnole, soprattutto in Catalogna, Andalusia e Castilla-La Mancha; nacque la FAI (Federacion Anarquista Iberica) ed il suo braccio sindacale, la CNT (Central Nacional del Trabajo). Gli anarchici spagnoli divennero i principali concorrenti dell’altro movimento rivoluzionario spagnolo, il PSOE (Partido Socialista Obrero Espanol), che aveva forti connotazioni marxiste, tali da indurre i propri liders ‘quasi’ alla decisione di aderire alla 3a Internazionale Comunista (Comintern) sovietica; la decisione non venne però poi sposata dalla maggioranza del Comitato Centrale socialista anche se il riconoscimento della Russia sovietica e della figura di Stalin restava per i socialisti spagnoli un punto fermo.

Negli anni ’10 e ’20 del ‘900, soprattutto nelle zone industriali (Barcellona ‘eccelse’ in questo) e nelle aree rurali più depresse (Aragona e Andalusia) si verificarono infinità di scontri fra lavoratori in lotta per condizioni di vita migliori e forze di polizia affiancate da squadre di cosiddetti ‘pistoleros’, delinquenti assoldati dalle associazioni padronali e dai latifondisti.

Sovente, caratteristica dell’intolleranza del proletariato spagnolo nei confronti di secolare servaggio, si assisteva ad eccessi di furiosa violenza contro il clero e le sue proprietà: l’incendio di chiese e monasteri era frequente ed il fenomeno aveva radici antiche in terra iberica.

I lavoratori spagnoli non furono mai facilmente ‘domabili’ da tali mezzi e sempre assumero un atteggiamento combattivo, organizzando essi stessi squadre di auto-difesa armate che rispondevano colpo su colpo alle aggressioni padronali: i morti non si contavano e la lotta sociale assunse per anni i caratteri di una vera e propria faida più che di una situazione pre-rivoluzionaria. Addirittura un modello di pistola automatica della ditta spagnola Star assunse il nome di “Star Sindicalista”, per quanto era diffusa, date le ridotte dimensioni propizie al porto occulto, fra i lavoratori impegnati nei sindacati.

La monarchia borbonica da sempre al potere, data la situazione sopradescritta ed alla quale non seppe minimamente far fronte se non avvallando i centri di potere reazionari, si vide costretta a lasciare il governo dopo le elezioni del 1931, che videro prevalere un’eterogenea maggioranza di partiti favorevoli ad un’opzione repubblicana.

Il re Alfonso XIII di Borbone lasciò senza resistere il paese e la Seconda Repubblica venne instaurata in un clima di cambio epocale che mille speranze accese soprattutto nelle classi meno abbienti e nella borghesia più avanzata e colta.
La Repubblica, simboleggiata da una fanciulla, era detta “La Nina Bonita” e la nuova bandiera era il tricolore orizzontale rosso-giallo-viola. Fu adottato come inno nazionale, al posto della ‘marcia reale’, “El Himno de Riego”, ispirato ad un generale liberale e progressista dei primi dell’Ottocento fatto poi assassinare dalla monarchia dell’epoca.

Nel periodo repubblicano che và dal 1931 al 1936 si susseguirono con una frenesia senza pari (frenesia che nulla di buono poteva far presagire…), governi e coalizioni sia di sinistra moderata che di destra radicale, situazione che infine portò, nel Febbraio 1936, alla vittoria netta di un Fronte Popolare formato soprattutto da socialisti (largamente maggioritari), dalla ‘sinistra repubblicana’, dai nazionalisti catalani e baschi, da liberali e comunisti.

Non và dimenticato che nel frattempo, nell’Ottobre 1934, nella regione mineraria delle Asturie, uno sciopero generale nazionale proclamato dalle sinistre contro l’allora governo di destra, si trasformò in autentica rivolta armata a seguito dell’intervento delle forze di polizia.
Per la prima volta l’embrionale Partito Comunista di Spagna (PCE), che contava allora un numero minimo di iscritti e militanti, fedele a Mosca ma dotato di forti capacità organizzative, riuscì a porsi a capo della rivolta dei minatori asturiani che, dopo aver assaltato le caserme della regione di Oviedo per armarsi, formarono dei veri ‘soviet’, consigli operai per l’autogestione delle miniere; si difesero per giorni dagli attacchi dell’esercito regolare inviato dal governo di destra.
Durante la repressione nelle Asturie, si distinse il Generale Francisco Franco Bahamonde alla testa della Legione Straniera Spagnola, fatta intervenire contro gli operai e la popolazione insorta.
La rivolta operaia fu schiacciata nel sangue al prezzo di almeno 3000 morti e decine di migliaia di prigionieri.

Con la vittoria del Fronte Popolare del 16 Febbraio 1936 tutti i prigionieri politici, anche asturiani, furono liberati.

Il periodo di pace successivo alla vittoria delle sinistre aprì speranze mai conosciute nel paese: finalmente una legge di Riforma Agraria pareva essere stata concepita in maniera realizzabile, la fine del latifondo ormai prossima era caoticamente anticipata da azioni di esproprio attuate dai contadini esasperati da secoli di miseria, la laicizzazione della scuola era decisa, gli immensi beni della Chiesa in parte restituibili allo Stato, enormi conquiste in termini di diritto del lavoro e circa l’emancipazione femminile (liberalizzazione dell’aborto, matrimonio civile ecc…) erano ormai legge. L’entrata nel governo del piccolissimo Partito Comunista accendeva recava ulteriori connotati di novità e pareva radicalizzare a sinistra la situazione generale; gli stessi anarchici, della fortissima CNT, diedero, seppur ‘ab torto collo’, indicazione ai loro militanti di andare a votare per il Fronte Popolare: il governo “doveva” quindi molto anche agli anti-governativi per antonomasia, gli anarchici.

Da tale situazione tutte le forze di sinistra, socialisti, comunisti e anarchici per primi, trassero ulteriore impulso per accelerare le riforme e, seppur fra mille differenze e posizioni diverse, avviare il paese verso una via rivoluzionaria che avrebbe dovuto essere definitiva e sancire per sempre la scomparsa delle forze reazionarie dalla Spagna.

Ma la nuova classe politica repubblicana, costituita di fatto da un eterogeneo schieramento sia moderato che radicalissimo, non riusciva né a gestire con ordine il nuovo clima di progresso, né a tenere a freno e sotto stretta osservazione le forze di destra sempre più tendenti all’insubordinazione; l’alto clero, la ricca borghesia e aristocrazia terriera, la casta militare fremevano per un intervento drastico che salvasse i loro antichi privilegi.

Continui disordini, sparatorie tra destre e sinistre, omicidi di esponenti delle fazioni avverse portarono alla sedizione di alcuni generali che, sapendo di poter contare sull’eventuale appoggio del fascismo italiano, organizzarono un colpo di stato. Attori di tale ‘golpe’ sarebbero dovuti essere l’esercito, il partito fascista spagnolo chiamato ‘Falange’ e fondato da Josè Antonio Primo de Rivera ed ‘Requetès’ navarresi, fanatici cattolici addobbati da un caratteristico e largo basco rosso.

Non era la prima volta che tentativi di golpe venivano progettati in Spagna, ma in passato erano stati sventati. I militari responsabili non subirono però mai punizioni definitive.

Il 17 Luglio 1936, presso Melilla, nella colonia marocchina ospitante le basi dell’Armata d’Africa e della Legione Straniera Spagnola, il Gen. Franco, in accordo con altri tre generali reazionari, Mola, San Jurjo e Queipo de LLano, diede il via al golpe.

Le guarnigioni site nel Marocco spagnolo presero subito il controllo delle aree coloniali e con un rapido ‘ponte aereo’ favorito da aerei Heinkel forniti da Hitler si spostarono nel territorio meridionale della Spagna.

I golpisti riuscirono nel giro di 24 ore ad ottenere, grazie alla rete sediziosa che avevano ordito, il controllo della piccola zona intorno a Gibilterra, ma soprattutto la vasta area Nord del paese e della Navarra e alta Aragona, isolando il Paese Basco, ricco di industrie metallurgiche, manifatture d’armi e importantissima area portuale.

Ma il golpe in quanto tale, come era nei progetti dei “Quattro Generali”, non riuscì.

Nelle grandi ‘capitali’ di Spagna, Madrid, Barcellona e Valencia in primis, i golpisti e le forze paramilitari fasciste della Falange cozzarono contro una improvvisata quanto violentissima risposta popolare del tutto inattesa.

Gli operai, i lavoratori dei campi, molte forze di polizia leali (come le ‘Guardias de Asalto’) dirette dalla CNT, dalla UGT (sindacato social-comunista) e dai partiti repubblicani, eressero barricate, assaltarono depositi di armi, tirarono fuori da magazzini segreti i tanti fucili accumulati in anni di tensione politica e respinsero il colpo militare.

Il 18 Luglio Madrid era ‘insorta’ contro ‘l’insurrezione’ militare e la popolazione assediò la guarnigione sediziosa nella Caserma de la Montana; due giorni di assedio e sparatorie poi le milizie popolari furenti irruppero nella Caserma e fecero strage della maggior parte degli ufficiali ribelli.

Il 19 Luglio Barcellona operaia, alla guida soprattutto degli anarchici, combattè una dura battaglia di strada lungo le ramblas ed intorno a Plaza de Catalunya, riuscendo a schiacciare, con gravi perdite, il golpe fascista: il presidente moderato della Generalitat (il governo autonomo catalano) Luìs Companys, riconoscendo il merito di aver fermato i fascisti agli anarchici, offrì loro il governo catalano.

Da questo stato di cose, da una nazione di fatto spezzata in due dal tentato golpe, con posizioni ormai irrimediabilmente radicalizzate e con una classe lavoratrice che unica si era presa l’onere di difendere il governo legittimo dall’attacco a tradimento delle classi reazionarie rappresentate dalla forza bruta militarista, nacque la guerra cosiddetta “civile” di Spagna, che altro non fu che una guerra di resistenza al fascismo da parte di un governo legittimo sostenuto dalle forze del progresso sociale.

Da allora, la Spagna divenne anche teatro dello scontro internazionale tra fascismo e antifascismo, tra l’incertezza delle cosiddette democrazie borghesi e la spinta rivoluzionaria di tutti i lavoratori e progressisti del mondo che vedevano nella terribile guerra che si prospettava in terra iberica un’occasione di riscatto ed un esempio di emancipazione delle classi subalterne, o un laboratorio per nuovi e prossimi scenari di guerra totale per il nazismo, per un freddo studio delle dinamiche conflittuali in occidente da parte della Russia staliniana che più di tutto era comunque preoccupata di proteggere il suo cauto isolazionismo, sebbene in allora tutto o quasi il proletariato mondiale guardasse all’URSS come la terra del “socialismo realizzato”, come il sicuro alleato di ogni causa popolare. ...............
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Ispaniet
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Re: DISCUSSIONE: varie di -fatti d'arme- e militaria e

Messaggio da Ispaniet »

“Usi e costumi”…. Cenni vari… Spagna 1936/39.

Testimoni ascoltati da chi scrive nei primi anni ’90 del secolo trascorso, raccontano come per il primo combattimento del Batt. Garibaldi presso ‘Cerro de los Angeles’ (poi fallito) molti volontari fossero semplicemente dotati di una tuta blu da operaio quale ‘uniforme’ (detta in Spagna ‘el mono azul’, di buffetteria improvvisata e coperta a tracolla; privi di elmetti e con fucili in dotazione ancora quasi tutti Mauser spagnoli.

Testimoni inglesi della medesima azione (leggi “Boadilla – La mia Guerra di Spagna” di Esmond Romilly, ed. Einaudi 1980), che erano inquadrati in una compagnia del Batt. tedesco Thalmann nella stessa zona, narrano come nelle ore diurne la giornata invernale fosse talmente calda e assolata da far si che la maggior parte dei volontari si alleggerisse di coperte e altre dotazioni ‘pesanti’ gettandole via: al giungere della notte tutti si pentirono e soffrirono un freddo ricordato come ‘orribile’.

Le prime uniformi spagnole in fustagno, lana e tela furono fornite a Madrid alcuni giorni dopo e gli elmetti soprattutto nel Gennaio ‘37 (misti M26 in colore grigioscuro spagnoli detti ‘Trubia con alas’, ‘Adrian’ di varia provenienza ma pure in dotazione all’esercito spagnolo e alcuni elmi Cechi M30 color verde-caki, oggi ormai rarissimi da reperire).

Il Garibaldi aveva in dotazione una mistura assoluta degli elmetti sopracitati.

In inverno era assai apprezzato “el pasamontana” di ordinanza spagnola, di lana bollita semirigida grigio-beige e assai scomodo ma protettivo. Poi bustine (dette ‘gorros’ o ‘isabelinos’) e baschi furoreggiavano di varia foggia.

Era uso frequente nell’armata popolare staccare la nappina sita sul fronte della bustina e far ‘rientrare’ le punte del berretto: ciò in segno di distinzione dall’ex-esercito regolare golpista; tale abitudine non fu comunque però adottata da tutti i repubblicani, soprattutto gli ufficiali, che spagnoli o internazionali mantennero certi attributi.

Dopo la battaglia di Brunete le bustine repubblicane cominciarono a essere (per la truppa) prodotte senza punte (tagliate semi-tondeggianti) né nappina.

I garibaldini, contrariamente a come viene rappresentato da vari gruppi di reenactors* spagnoli e non, erano praticamente gli unici a portare, salvo quando non erano in azione (per ovvie ragioni mimetiche) il fazzoletto rosso al collo, simbolo prettamente ‘garibaldino’.
Verso la fine della guerra, al fazzoletto rosso furono aggiunte sulle punte, due piccoli tricolori: uno repubblicano spagnolo ed uno italiano. Scritte a tempere o ricami erano iniziative personali.

*Reenactors: ricostruttori storici di modi di vita, usi e costumi d’altri tempi.

Il saluto, in tutto l’esercito popolare era il pugno chiuso portato vicino alla fronte con la mano DESTRA, alla maniera militare e come possiamo osservare anche nella Resistenza slava nella WWII.

Saluto formale a voce era “Salud y Republica!”: prima si salutava col pugno e sull’attenti il compagno superiore e poi si stringeva la mano.

Il grado più basso era “Cabo”, poi “Sargento”, “Teniente”, “Comandante – di compagnia, pelotòn, brigada ecc…. e altri superiori…

Il Commissario Politico era pur’esso di Compagnia, Plotone a salire: il simbolo era una Stella Rossa Cerchiata ed una o più barrette rosse sottostanti, sino a tre; tale simbolo era portato su basco e/o su pezza con asola fissata al bottone della tasca sinistra della camicia o giubba, oppure cucita direttamente sull’abito.

I mitra furono rarissimi nella GCE: quasi tutti tedeschi, erano già presenti in Spagna prima del conflitto in quanto dotazione esclusiva delle forze di Polizia (seguridad).
Si trattava quasi sempre di mitra a caricatore laterale, Bergmann-Schmeisser mp28 cal. 9 para ed Erma-Werke stesso calibro.
Tali mitra a caricatore laterale erano detti dagli spagnoli, indistintamente, “naranjero” (spremi arance).
Furono prodotti, soprattutto gli Erma-Werke, anche da manifatture autogestite catalane anarchiche, ma erano poco affidabili e realizzati anche nel calibro ‘spagnolo’ 9largo, come per le pistole Astra400 o CampoGiro (Durruti, noto lider anarchista, morì appunto inciampando in un ‘naranjero’ Bergmann-Schmeisser che portava armato, mentre scendeva da un’auto in Plaza de la Moncloa durante la difesa di Madrid…).

La polizia catalana della ‘Generalitat’ era anche armata di un limitatissimo quantitativo di mitra Thompson m1928 cal.45 con caricatore a tamburo, ma tale quantitativo ‘sparì’ dopo le prime settimane di guerra. Molto usate erano poi le ‘Bolo’, le versioni della Mauser 96 prodotte in Spagna su licenza tedesca; altri modelli simili ma anche a raffica (schnellfeuer) furono realizzati; tutti o quasi con calciolo fondina in legno.
Un quantitativo limitatissimo del mitra sovietico Degtyarev DDP (antesignano del Ppsh41) fu usato da alcuni squadre repubblicane; ma esistono pochissime foto in merito.

Senz’altro un uso più diffuso di mitra avrebbe reso la guerra spagnola più ‘dinamica’.

Le mitragliatrici leggere più diffuse furono le VZ26 Ceche, le Lewis, i B.A.R., le Degtyarev m28, le Maxim-Tokarev, per poi passare alle medie e pesanti Hotchiss, Colt, Swarzlose e soprattutto le sovietiche Maxim 1910 con scudo protettivo e piccole ruote.

Le bombe a mano furono le spagnole di vario genere dette “pigna” con innesco classico ad anello e ‘maniglia’ ma di forma soprattutto –cilindrica-; poi le ‘ananas’ polacche, le ‘castillo’ catalane (barattoli semi rudimenatali), le Lafitte francesi, rare Sthielgrenade tedesche preda bellica e altri ordigni artigianali spagnoli solitamente assai insicuri.
La bottiglia-molotov furoreggiò per entrambe la fazioni.

Le calzature simili per certi versi alle –espadrillas- moderne, con lacci alla caviglia, erano dette “alpargatas”: ve ne erano di vario tipo contadino diverse per varianti regionali ma ve ne era un modello –militare- ; tali calzature assai leggere ma comodissime, in caso di bisogno, venivano portate anche d’inverno con calzettoni.

Le pistole erano per lo più spagnole: in assoluto la faceva da ‘padrona’ la Astra 400 detta ‘Astrona’ o ‘el puro’ (sigaro) in 9 ‘largo’, la Astra 300 in versione 9corto o 7,65, le Astra ‘Ruby’ 7,65, le più vecchie Astra Campo-Giro 9largo, revolver baschi versioni rudimentali delle Webley o modelli che furono già da fine ‘800 origine delle italiane tipo ‘Bodeo-Glisenti’, altre automatiche Star mod.1922 (copia della Colt 1911) ma in cal.9largo o 7,63, vari revolver francesi St.Etienne, rare Luger preda bellica, Mauser 96 spagnole (già citate, vedi sopra), varie Browning 1910 in calibro e lunghezza varia, rare Colt 1911 cal.45 americane provenienti dal Messico, Revolver Nagant e automatiche Tokarev tt30-33 fornite dall’URSS. ‘

Gli spagnoli del gruppo reenactors “Ay Carmela!” (oggi ‘dispersosi’ in vari sotto gruppi..) hanno redatto un approfonditissimo studio di ricerca sui fucili a ripetizione manuale presenti in Spagna: ne esce un quadro eccezionalmente vasto di tipi e modelli, tale da essere improponibile anche il semplice riassunto.
Si può però andare per esclusione, circa l’esercito popolare repubblicano EPR, relativamente all’uso dei tantissimi Carcano 91 sequestrati ai fascisti italiani che, data l’incompatibilità del calibro e mostrati in massa alla stampa internazionale per dimostrare le ingerenze mussoliniane, venivano sequestrati dal governo madrileno e non usati dagli antifascisti.
Con grande sorpresa di molti non si trova praticamente nota o foto relativa all’uso dei diffusissimi Lee-Enfield MK di varia serie…
Probabilmente il duro embargo posto dall’Inghilterra impedì l’arrivo di tale arma, anche se alcune fonti la segnalano come presente in limitati quantitativi.

Cosa curiosa è l’uso da parte soprattutto delle milizie sindacali e di forze di polizia, di versioni di Winchester a leva spagnoli detti “Tigre” prodotti dalla Star in calibro 45.

Per quanto riguarda indumenti e generi ‘di conforto’ era però permesso l’uso di materiale preda bellica, come appunto coperte, teli mimetici italiani m28, scarpe, borse italiane del R.E.

Ogni compagnia, plotone, Brigata o Divisione repubblicana e internazionale aveva la propria bandiera tricolore repubblicana con simboli di vario genere; le internazionali si sbizzarrivano in varianti differenti, …vedi Edizioni Osprey sul tema.

In generale, la scritta N°… Brigada Internacional (es.: Garibaldi…) su un lato e un lato rosso con falce e martello dall’altro, distinguevano le formazioni internazionali.

Piatti in alluminio o latta solitamente larghi e posate o tazze metalliche, pendevano dagli equipaggiamenti.

Seguirà, se vi sono domande o curiosità.

Senz’antro segnalo l’ottimo “Elite Series della Osprey su -The International Brigades-”, tutto in inglese e mai ristampato, se non in copia riassuntiva, in italiano.

Sul sito tuttora attivo “Ay Carmela” Recreacion Historica” trovate un’ottimo repertorio di materiale foto di reenactment e links.

Ci si permette di segnalare che un piccolissimo ed informale nucleo di reenactors italiani (presenti in questo Forum,.. io , Mirco, Derrik..) si dedicano a tempo perso a far rivivere la 12° Brigata Internazionale ‘Garibaldi’ di Spagna.
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DISCUSSIONE --I ''Garibaldini di Spagna"-- ecc..

Messaggio da Ispaniet »

L’Epopea della 12° Brigata Internazionale ‘Garibaldi’ in Spagna.
(Sintesi cronologica)

Il primo nucleo del ‘Battaglione Garibaldi’ è costituito il 22 Ottobre ’36 presso la base delle B.I. di Albacete. Il Battaglione è inquadrato nella seconda Brigata Internazionale formata, ovvero la 12a, composta anche da tedeschi, polacchi, francesi e da piccoli gruppi di inglesi.
Comandante la 12a B.I. è Mate Zalka, detto ‘Lukacs’ (intellettuale ungherese), Commissario Politico Luigi Longo detto ‘Gallo’ e comandante del Battaglione il repubblicano Pacciardi.

La prima azione ‘ufficiale’ del Battaglione Garibaldi, intorno il 12 Novembre 36, si risolve in un nulla di fatto: il Garibaldi è inviato, congiuntamente ad altri reparti , all’assalto del Monte degli Angeli, CERRO DE LOS ANGELES, posizione fortificata a Sud di Madrid, tenuta dai fascisti; il Cerro è presto detto dai ‘garibaldini’ Cerro Rojo (insanguinato..). L’azione, mal coordinata ed eseguita in parte di notte, è un fallimento per le forze repubblicane che dovono desistere dall’attacco il giorno seguente. Mancò l’appoggio d’artiglieria, di carri e d’aviazione, mentre il nemico era ottimamente trincerato.

Nella seconda metà di Novembre il Battaglione è inviato direttamente sul fronte di Madrid, nella stessa area urbana.

Già dalla sera dell’8 Novembre ‘36, alle porte di Madrid si combatte una battaglia durissima, che fà prevedere i futuri scenari di Stalingrado: combattimenti casa per casa, uomo a uomo… già i volontari dell’11a Brigata Internazionale, la prima ad intervenire in Madrid, ovvero austro-tedeschi del Battaglione Edgar Andrè e ancora polacchi e franco-belgi, si sono immolati lungo le rive del fiume Manzanarre e nei pressi dei sobborghi della Citta’ Universitaria e presso il ‘Puente de los Franceses’, che permette l’accesso alla capitale dall’enorme parco detto ‘Casa de Campo’.

Il Garibaldi è in linea il 20 Novembre presso la zona suddetta, conducendo una sorta di guerriglia, con gravi perdite; difende la zona della Puerta de Hierro, i dintorni di ‘Casa Velazquez’, il già citato ‘Ponte dei Francesi’ e la Casa de Campo in disperati contrattacchi: in questa fase il Garibaldi ha maggior fortuna e ferma il passo al nemico; le perdite sono pesanti come quelle di tutti i battaglioni internazionali.

La leggenda vuole che Madrid sia stata “salvata dalle Brigate Internazionali”: certo esse diedero un contributo fondamentale, forse in certi settori della città decisivo, ma non si deve scordare il sacrificio eroico della popolazione madrilena che scavò trincee, si recò con fucili da caccia al fronte, eresse barricate, scavò trincee di ogni tipo, cercò di mettere in salvo i bambini allontanandoli dalla capitale e soprattutto, con le famose compagnie del 5° Reggimento, combattè in linea con gli internazionalisti.

A fine Novembre ’36 il Garibaldi difende Pozuelo de Alarcòn, periferia di Madrid.

Nel Dicembre ’36 giunge un nutrito nuovo gruppo di garibaldini (circa 250 volontari) guidati da Guido Picelli, il valoroso capo comunista degli ‘Arditi del popolo’ che si era già distinto nella difesa dell’Oltretorrente di Parma contro gli squadristi del gerarca fascista Balbo; nel suo gruppo è anche il giovanissimo Giovanni Pesce (poi coraggioso partigiano dei GAP a Torino e Milano, Medaglia d’Oro al V.M. per la Resistenza, mancato il 27/7/07); il Garibaldi è inviato quindi, con i nuovi rinforzi senza divise nè fucili, in linea presso Boadilla del Monte, a Ovest di Madrid. Lo scontro è durissimo ed una delle prime squadre di volontari inglesi aggregati al Batt. Thaelmann è distrutta (il noto gruppo aggregato al Batt. Thalmann di cui faceva parte Esmond Romilly, autore dell’imperdibile ‘Boadilla’).

Il Garibaldi è poi impiegato, nei primi di Gennaio ’37, sempre intorno alla capitale, presso Mirabueno e Majadahonda per poi essere posto a riposo per alcune settimane presso il palazzo del Pardo (periferia di Madrid); nuovi volontari giungono alla spicciolata. In un’azione secondaria presso Mirabueno-Guadalajara (ma prima della nota battaglia), cade Guido Picelli nel Gennaio ’37. Pare, da recenti ricerche, sia stato colpito alle spalle da agenti della polizia segreta di Stalin per alcune divergenze avute coi vertici del Partito di Mosca: la vicenda non sarà mai acclarata; ‘ufficialmente’ cadde colpito dai fascisti.
Picelli resta una delle migliori figure di combattente per la causa comunista e antifascista.

Dopo azioni di presidio secondarie, il Garibaldi è inviato d’urgenza nella Valle del Jarama, il 9 e 10 Febbraio ’37, per far fronte ad una poderosa offensiva fascista mirante a tagliare la strada Madrid-Valencia (a Valencia si era trasferito il governo, visto che Madrid era a considerata a ‘rischio’ ed era retta da una Giunta di Difesa comandata dal Gen. Miaja, militare in pensione ma richiamato, di tiepide simpatie socialiste).
La battaglia del Rio Jarama fu la prima e grandissima battaglia di passaggio fra i principi strategici della WWI e WWII; carri T26 (superiori ai carri fascisti), artiglierie, aviazione e masse di fanterie svilupparono per due settimane un insieme di complesse manovre.

La Repubblica riesce a mantenere le posizioni pur perdendo un po’ di terreno, conserva il controllo dell’aria ed i carri russi fanno ‘meraviglie’.
I Garibaldini difendono senza cedere il Ponte di Arganda, di Pindoque, lo zuccherificio ‘La Poveda’ e altri settori della Valle del Rio Jarama, distinguendosi soprattutto i giorni fra l’11 ed il 13 Febbraio; restano meravigliose ed uniche immagini filmate di questa operazione nel documentario di Joris Ivens “Terra di Spagna” .
In questa battaglia ha il battesimo del fuoco il Battaglione americano ‘Lincoln’ che soffre perdite spaventose presso il Cerro Pingarròn; anche il Battaglione inglese, comprendente anche volontari irlandesi dell’IRA (Colonna Conolly), detto anche semplicemente “British”, soffre terribilmente sulla cosiddetta ‘collina del suicidio’.

Neanche un mese dopo, l’8 Marzo 37, le colonne motorizzate del CTV (Corpo Truppe Volontarie italiane fasciste) inviate da Mussolini, organizzano, su specifica decisione del ‘Duce’, un tentativo di blitz su Madrid passando da Ovest: inizia la Battaglia di Guadalajara; Mussolini vuole incoronarsi conquistatore di Madrid.

Circa 35mila soldati del Regio Esercito italiano e ‘camice nere’, incolonnati con migliaia di mezzi su ruote e cingoli si dirigono sulla via che collega Saragozza a Madrid, certi della vittoria.
Il tempo è brutto, nebbia e gelo sull’altipiano di Alcarrìa trovano impreparate le forze di Mussolini.
I caccia russi individuano l’enorme colonna impantanata e danno l’allarme a Madrid.

In condizioni meteo appunto assai dure, le forze repubblicane affluiscono in zona dove i fascisti italiani perdono ore preziose senza avanzare. I caccia russi iniziano a colpire i mezzi italiani.

I primi internazionalisti a giungere in quella piana gelida e deserta sono i tedeschi del Battaglione Thalmann che, parebbe, con 7 uomini e un T26, tengono bloccata la colonna fascista tirando nella nebbia ed alla ceca, per ore.

In poco tempo l’apparato antifascista si dispiega: il Battaglione Garibaldi è convocato alla caserma del ‘Pardo’ da Luigi Longo (ora Commissario Politico Generale delle B.I.) ed esortato a schierarsi in prima linea contro i ‘compatrioti’ fascisti. Il Garibaldi, raccontano i testimoni, risponde al canto di Bandiera Rossa.

Mentre i tedeschi dell’11a Brigata Int. si schierano faccia a faccia con la colonna fascista e subiscono perdite pur fermando i mussoliniani, i francesi del Commune de Parìs si schierano presso il paesino di Torija.

I Garibaldini sono inviati nel punto più critico dell’infiltrazione fascista, nell’enorme bosco a pianta triangolare e vasto chilometri, posto fra Brihuega e Torija; assumono come base una costruzione detta ‘Palacio de Don Luìs’.

Le prime pattuglie mussoliniane sono catturate senza colpo ferire dai compatrioti garibaldini che riescono a trarre prigionieri i fascisti i quali ignorano che altri italiani combattano invece per la Libertà.

Una forte e ben congeniata guerra psicologica con altoparlanti e volantini sparati con razzi, influisce a far arrendere molti demotivati soldati italiani inviati da Mussolini che si trovano in Spagna credendo di andare a fare i braccianti nelle ‘colonie’ abissine e in Africa orientale.


GUADALAJARA:
LA PRIMA VITTORIA DELLA RESISTENZA ITALIANA.

Il Garibaldi entra in contatto più cruento col CTV nel bosco presso Brihuega; un tragico gioco degli inganni si sviluppa fra le fitte fronde: “italiani? Di chi? Garibaldi! Viva il Duce!” e giù granate e fucilate a bruciapelo; vari garibaldini sono trovati sgozzati da alcuni reparti di Camice Nere della ‘Bandera Indomita’. Ciò aumenta la rabbia dei ‘nostri’ che incalzano i fascisti riducendoli a barricarsi in una villa isolata detta ‘Palacio de Ibarra’: più volte è intimata la resa ai fascisti dell’”Indomita” i quali tra l’altro, fanno finta di arrendersi per poi uccidere a tradimento un parlamentare garibaldino che si è fatto avanti per accettare la resa delle camice nere.
Tale vile atto scatena la furia del Garibaldi: un carro T26 sfonda il muro di cinta di Palacio de Ibarra, irrompono i garibaldini ed annientano le Camice Nere che a quel punto si arrendono senza opporsi oltre.
A Guadalajara il Battaglione Garibaldi è comandato dal Commissario comunista Ilio Barontini (Pacciardi era stato leggermente ferito ad una guancia sul Jarama e si era ritirato dalla Spagna ).

In pochi giorni tutto lo schieramento fascista italiano si sfalda e le B. I. appoggiate dal 5° Reggimento di Lister mettono in fuga il CTV.
La batosta di Guadalajara (località però mai raggiunta dai fascisti) fece perdere a Mussolini più mezzi di quanti ne aveva persi in anni di guerra in Africa Orientale. L’Esercito Regio ne uscì irreparabilmente penalizzato per l’inizio della vicina WWII.

Il Battaglione Garibaldi è elogiato per il comportamento sostenuto ed il CTV fascista talmente denigrato dagli stessi franchisti e nazisti da trasformare la sigla CTV in “Cuando Te Vas?” (Quando te ne vai?). Franco impone il controllo delle truppe di Mussolini sotto il proprio comando congiunto a quello nazista tedesco.

Ad Aprile ‘37 le B.I. vengono riformate come tutto l’EPR (Esercito Popolare Repubblicano) ed il Battaglione Garibaldi diviene a tutti gli effetti “12a Brigata Internazionale Garibaldi”, comprendente sia spagnoli che altre nazionalità.

Il 17 Aprile ’37 i garibaldini sono reinviati a Madrid per contenere un’offensiva franchista nella Casa de Campo; nelle trincee si subiscono gravi perdite ad opera dei cecchini marocchini dell’Armata d’Africa di Franco.

Si ebbe poi una serie di battaglie che Franco sviluppò su fronti lontani dalla capitale nell’intento di annientare in una guerra di ‘logoramento’ la Repubblica che non –cedeva- Madrid.

I garibaldini versano sangue a Huesca nel Giugno ‘37 (gravissime perdite per errori di comando).

Nel Luglio ’37 la Garibaldi partecipa all’offensiva di Brunete, dove, dopo un primo successo, l’Esercito Popolare paga la cronica insufficienza di mezzi vedendo il sopravvento dei fascisti a fine Luglio. A Brunete cade la prima foto-reporter donna nella Storia uccisa nel compimento del proprio lavoro: la giovanissima e affascinante ebrea-comunista Gerda Taro (Gerta Pohorylle).

Fra Agosto e Settembre ’37 la Garibaldi è impegnata a sostegno dell’offensiva su Belchite, nella zona di Farlete, dove però, per un ennesimo errore di coordinamento, subisce gravi perdite; polemiche infuriano fra comandi e volontari.
A Ottobre i garibaldini combattono a Fuentes del Ebro.

Le batterie italiane antifasciste ‘Gramsci’, ‘Rosselli’, ‘Matteotti’ combattono a Teruel nel Gennaio-Febbrao 1938.

A metà Febbraio la Garibaldi è all’attacco in Estremadura, presso Zalamea e sulla Sierra de Aguila; le perdite, come sempre, sono gravissime.

Il 9 Marzo ’38 inizia una tragica ritirata verso l’Aragona: l’esercito popolare e le B.I. marciano verso Caspe dove si attestano: dal 17 al 28 Marzo i garibaldini difendono stoicamente Caspe.

Il 15 Aprile i fascisti raggiungono il Mediterraneo presso Vinaroz, spezzando in due il territorio repubblicano.

La situazione sempre più critica vede la riorganizzazione delle forze antifasciste in Catalogna e Bassa Aragona: si crea “l’Esercito dell’Ebro”. La Garibaldi è ristrutturata dal comunista italiano Alessandro Vaia, comandante interinale.

Il 24 Luglio 1938 la Repubblica lancia un offensiva poderosa passando l’Ebro e sfondando le linee fasciste.
Terminata la riorganizzazione della Brigata, la Garibaldi passa sotto il comando dello spagnolo Luìs Rivàs, ed è ormai a maggioranza composta da spagnoli date le perdite non più rimpiazzate, mentre il nocciolo centrale resta italiano.

Le prime Brigate Internaz. a passare l’Ebro furono nord-europee, scandinave, tedesche e anglo-americane.
La Garibaldi è tenuta in riserva. In pochi giorni, senza mezzi e quasi sempre piedi, le forze repubblicane conquistarono chilometri di terreno nemico arrivando alle porte della posizione chiave della cittadina di Gandesa, nodo della difesa franchista.

La supremazia in artiglieria, aerei e panzer tedeschi dei fascisti fece la differenza; i carri e i mezzi sovietici erano ormai esauriti e Stalin aveva cessato di inviare aiuti alla Repubblica considerata da lui ormai una ‘causa persa’ ed interessato a ‘tener buona’ la Germania nazista sempre più in espansione; il governo spagnolo guidato dal valente presidente socialista Juan Negrìn sperava, con la resistenza sull’Ebro, di guadagnare tempo, di ‘agganciarsi’ all’inevitabile Guerra Mondiale che incombeva, sperando di salvarsi con un eventuale intervento francese o di altri governi aderenti sinora alla vile politica di “Non Intervento”.

La Brigata Garibaldi, con ormai l’esercito repubblicano esaurito in una tragica guerra di trincea ed in lenta ritirata, è inviata a reggere la retroguardia nel Settembre 1938 presso Gandesa: fu un massacro, i migliori quadri garibaldini caddero nell’azione.

Nell’Ottobre 38 a seguito del Patto di Monaco, è deciso il ritiro delle forze straniere dalla Spagna; i fascisti fanno ‘finta’ di ritirare truppe e le Brig. Intern. sono congedate durante una famosa sfilata a Barcellona ed un commovente addio pronunciato dalla ‘Pasionaria’ Dolores Ibàrruri: “Voi siete la Storia, siete la Leggenda, siete l’esempio eroico della Solidarietà internazionale…, ..quando la pace tornerà, tornate! –volvèd !-“

Alcune compagnie scelte delle Brig. Int. rifiutarono però di andarsene e combattono per coprire la ritirata dei civili in esodo verso la Francia.

Tutti i reduci di Spagna, internazionalisti e spagnoli, si avviarono a formare i quadri della Resistenza europea e dei movimenti di liberazione nel mondo.

Antifascisti italiani in Spagna : circa 5000, dei quali 4000 nella Garibaldi.

Totale dei Volontari Internazionali (ultimi dati);
circa 50mila uomini e donne;
neri, asiatici, musulmani, ebrei, omosessuali, il 70% comunisti; circa 18mila morti.
(per anni, complessivamente, i volontari furono ritenuti non più di 35/40mila).

Contingente più numeroso in rapporto alla popolazione d’origine: 800 cubani.
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Ispaniet
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Il "PERCHE'" della Guerra in Spagna. (note incomplete)

Messaggio da Ispaniet »

Prologo.
Perché scoppiò la Guerra di Spagna.

La terribile guerra che si combattè in Spagna dal 1936 al 1939 è sovente definita ‘facilmente’ come ‘prova generale della Seconda Guerra Mondiale’ scoppiata poi solo quattro mesi dopo la fine del conflitto spagnolo; tale visione è senz’altro riduttiva, così come per noi comunisti e rivoluzionari lo è la definizione stessa di ‘Guerra Civile Spagnola’ diffusa un po’ ovunque.
La definizione di –civile- include di per sé il dato che due parti, più o meno equivalenti, si affrontino: ma in Spagna il dato di guerra civile è aderente solo in parte, minima, alla realtà.
Le armate golpiste fasciste si avvalerono dell’aiuto militare, da tutti ritenuto decisivo (dagli stessi stati maggiori di Hitler e Mussolini…) dell’Armata coloniale d’Africa dell’allora Marocco spagnolo (i cosiddetti ‘moros’, mori), della Legione Straniera Spagnola (corpo assimilabile a truppa mercenaria), ai circa 70mila soldati italiani inviati da Mussolini, alle altre ……tra le quali la famigerata Legione Condor (che comprendeva non solo aerei ma anche artiglieria, carri e quant’altro di più moderno esisteva allora in fatto di armi).
Le truppe regolari dell’esercito spagnolo che al momento del golpe del Luglio 1936 passarono al comando dei fascisti si schierarono con tale parte perché si trovarono ai comandi di una casta di ufficiali sediziosi che alternativa non avrebbero lasciato a chi non aderiva al ‘movimiento’, ovvero, avrebbero rischiato l’arresto e la più che possibile fucilazione.
La netta maggioranza dell’elettorato spagnolo, non si scordi mai, aveva poi dato il suo voto alla Repubblica del Fronte Popolare e basta pensare che, seppur a fronte di una disparità tecnica enorme, nei grandi centri (Madrid, Barcellona, Valencia ecc… ) le semplici milizie operaie e popolari, quasi disarmate, riuscirono con il loro slancio a fermare in poche ore le truppe golpiste.

La sconfitta definitiva della Repubblica democratica di Spagna è quindi riconducibile al più che decisivo ed enorme aiuto del nazi-fascismo italo-tedesco, alla vigliacca (definizione letteralmente riconosciuta anche dallo stesso Leon Blum, primo ministro socialista francese, che di quella scelta fu uno dei responsabili) posizione del ‘Non Intervento’ in Spagna, che favorì solo la parte fascista.

Altra colpa della sconfitta repubblicana va addossata anche all’URSS, ovvero alla politica non certo disinteressata che Stalin volle porre in essere in Spagna: una politica incerta per mesi, che per complessi motivi di presunto realismo diplomatico si decise solo in torno al Novembre 1936 ad inviare massicci quantitativi di armi alla legittima repubblica spagnola ma che, di fronte agli sviluppi degli eventi europei e mondiali, soprattutto dai primi del 1938, sospese praticamente ogni impegno in favore della Spagna democratica e rivoluzionaria.
In ogni caso, dal punto di vista quantitativo, gli aiuti sovietici nono saranno mai, in senso assoluto, paragonabili a quelli enormi inviati dai nazi-fascisti, senza considerare che l’URSS non inviò mai truppe ma solo nono più di 4000 consiglieri e tecnici (nonché agenti della polizia segreta NKVD).

INCOMPLETO….........
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andrej
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Re: DISCUSSIONE STORICA E SPUNTI circa 'SPAGNA '36/'39 ecc..

Messaggio da andrej »

Complimenti per queste magnifiche schede! Per ora le ho lette velocemente, ma ci ritornerò su più tardi. Vedo che hai buona conoscenza dell'argomento, sei/sei stato ricercatore/docente all'Università di Genova?

Tornerò sul battaglione Garibaldi, non ti preoccupare [278
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Ispaniet
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Re: DISCUSSIONE STORICA E SPUNTI circa 'SPAGNA '36/'39 ecc..

Messaggio da Ispaniet »

Ho collaborato per un seminario di St. Cont. x l'Univ. di GE e, negli anni a cavallo fra gli 80/90 ho intervistato audio-video una decina di sopravvissuti della 12a Brigata Intern.
Nel 1986 fui al 50° anniv. della GCE a Madrid e conobbi moltissimi 'internazionali' allora ancora in vita di ogni latitudine.
Segnarono molto la mia percezione del -senso storico- della vita, un gran boato quando i fatti si svolgono, un vociare intenso ancora nel 1986, poi un mormorìo sempre più fievole ed il silenzio.
Oggi solo una 15ina di sopravvissuti/e "straneri/e di Spagna" vivono ancora nel mondo.
Che grande e tragica epopea...
Quante storie si incrociarono in terra iberica, quanti segreti ancora tenuti in ombra, .. ce ne fu per tutti: per la cosiddetta democrazia (la prima a perdere), per il fascismo ormai palesatosi nell'orrore, per le sinistre e loro mille contraddizioni sovente tragiche ed "imbarazzanti"; ...e mille specializzazioni si mossero in Spagna: servizi sanitari, tecniche di sabotaggio, di guerriglia in territorio nemico, un nuovo tipo di giornalismo... Chi più ne ha, come si dice..

Robert Capa 'nacque' in Spagna, là vi perse la sua prima donna, Gerda Taro, prima capostipite di reporter donna; l'OSS usò decine di ex-'spagnoli' durante la WWII ..per poi accusarli di "antifascismo precoce" nei '50; i SAS videro tantissimi internazionalisti di Spagna e tantissimi spagnoli repubblicani esiliati.. tutti videro cambiato il loro nome in inglese.

Quanti 'ex-di Spagna' ritroviamo nelle più remote guerriglie del 3° mondo, da Cuba al Brasile, dal Medio Oriente all'Indocina... [iocero
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Ispaniet
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Re: DISCUSSIONE STORICA

Messaggio da Ispaniet »

Poi dimenticavo, ho scritto vari articoli su riviste in passato; le interviste video ai reduci costituiscono un fondo a mio nome presso l'Ist. Gobetti di Torino. Copio e incollo qui sotto un mio vecchio sunto relativo alla Brigata Lincoln.
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[Nel porto di San Francisco è stato di recente danneggiato, con scritte inneggianti a Orwell e a Durruti, un memoriale dedicato ai militanti della Brigata Lincoln, provenienti dagli Stati Uniti, nella guerra di Spagna. Un documento apparso su Indymedia (della Bay Area, dell' Emilia-Romagna, italiano) rivendica il gesto. Chiama "arte stalinista" il memoriale, rievoca la repressione sanguinosa contro il POUM, e gli anarchici che lo avevano difeso, operata dai comunisti fedeli all'Unione Sovietica. Tutto vero, se non fosse che la Brigata Lincoln, in tutto ciò, non ebbe alcuna responsabilità. Fu sempre al fronte, non partecipò alle stragi di Barcellona contro libertari e trotzkisti.

Si trattava di comunisti, questo è sicuro, dunque, all'epoca, di stalinisti. Vale anche per la maggior parte dei partigiani italiani. Ci sarebbe qualche anarchico pronto, per odio ideologico, a imbrattare monumenti ai caduti della resistenza? Speriamo di no. E comunque sarebbe bene informarsi. Benissino inneggiare a Durruti. Orwell, però, non restò sempre quello di Omaggio alla Catalogna. Diventò complice dei servizi segreti inglesi, cui passava liste di comunisti infiltrati, a partire da Charlie Chaplin. E' giusto oltraggiare un memoriale in ricordo dei caduti americani di Spagna nel nome di Orwell? Meglio forse rivedersi la storia completa della Brigata Lincoln.] (N.d.R.)

" COMPAGNO YANKEE " di M.V.

1. LA PARTENZA
.
Nel contesto della "grande crisi" del 1929-32, negli Stati Uniti si svilupparono grandi movimenti di lotta contro le misure economiche governative e padronali. L'uso della repressione poliziesca e militare contro lavoratori e disoccupati era all'ordine del giorno.
Molti furono i perseguitati, i morti e i feriti tanto nei centri metropolitani che nelle zone rurali. Tra il 1932 e il 1936 la cifra dei disoccupati fu costantemente dell'ordine di circa 16.500.000 persone, e a questo enorme numero corrispose un forte movimento organizzato dei senza lavoro.
Come reazione alla crescita dei movimenti popolari e rivendicativi, all'interno dei quali la maggiore opera organizzativa era svolta, come in altri paesi del mondo, dal Partito Comunista, sorsero organizzazioni di estrema destra quali la Legione Nera, l'America First, il Nazi Bund e squadracce di vigilantes aggregate al Ku Klux Klan. I sindacati passarono in quegli anni da quattro a quindici milioni di aderenti.
In America vi era quindi una situazione di grave crisi economica e di tensioni sociali non dissimile da quella di altri paesi, in quello scorcio di primo dopoguerra. Il movimento operaio e socialista era in prima linea nello sforzo di catalizzare le spinte innovatrici delle grandi masse di proletari e di sottoproletari statunitensi.
In questo quadro sociale di forti contrasti si innestava anche, con toni sempre più accesi, la questione antifascista, sia in contrapposizione alle organizzazioni squadristiche citate, proprie della realtà americana, sia quale riflesso di ciò che stava accadendo in Europa per la minaccia italo-tedesca.
Riguardo alla questione spagnola, è da notare come già prima della sollevazione franchista la classe dirigente americana avesse un atteggiamento ostile nei confronti del legittimo governo repubblicano di Madrid, costituito dalla coalizione di Fronte Popolare. All'atto del levantamiento del 18 luglio 1936, il capitale statunitense fu pertanto subito disponibile all'aiuto alla reazione spagnola.
L'11 agosto 1936 il Dipartimento di Stato annunciò il "blocco morale" della vendita di armi a entrambe le parti in conflitto; il 18 gennaio 1937 il Congresso approvò la legge sul blocco delle esportazioni di materiale bellico verso la Spagna. Roosvelt proclamò la neutralità, ma creò condizioni tali da consentire alle lobbies economiche più reazionarie di prestare sostegno ai golpisti. Germania e Italia non potevano offrire che una quantità esigua di petrolio a Franco; la TEXACO (American Texas Oil Company) fornì alla giunta fascista di
Burgos 1.866.000 tonnellate di carburante e benzina per aviazione.
Inoltre gli USA fornirono 12.000 camion, il doppio di quelli forniti da Germania e Italia; bombe e armi furono vendute alla Germania e all'Italia, che poi le passavano ai sollevati spagnoli. 60.000 ordigni, in soli quattro mesi, furono prodotti dalla fabbrica di Carnes Point (New Jersey) e imbarcati su mercantili tedeschi.
Lo stesso Roosvelt nel 1938 riconobbe che molti ordigni lanciati dai "nazionalisti" su Barcellona erano di marca USA, facendo però notare che queste armi potevano essere state vendute ad altri paesi d'Europa, giungendo ai franchisti solo in un secondo tempo.
Inoltre gli Stati Uniti fecero, sul fronte diplomatico, forti pressioni sul governo messicano, perché sospendesse il proprio appoggio politico e in aiuti materiali alla Repubblica spagnola. Pur riconoscendo formalmente il governo repubblicano come legittimo, il Dipartimento di Stato USA aprì agli inizi del '37 un consolato a Malaga, in zona occupata dai fascisti.
Gran parte della stampa statunitense rifletteva le posizioni filofranchiste del monopolio finanziario, tanto che sin dai primi giorni della guerra ì vari Chicago Tribune, Washington Times, New York Journal, Los Angeles Times, ecc, fecero propria la versione della "crociata" anticomunista che voleva "salvare" la Spagna cattolica dalla "barbarie rossa".
Le forze progressiste e molti intellettuali svolsero però una tenace opera di controinformazione, riuscendo a spingere riviste come Time, Newsweek e Fortune a denunciare i crimini contro la popolazione civile e l'intervento diretto delle truppe di Mussolini e di Hitler a fianco dei nazionalisti spagnoli.
L'eco della denuncia dei crimini fascisti regolarmente perpetrati in Spagna fece sì che in sempre più vasti settori della società americana si affermasse una visione più chiara dei pericoli derivanti dalla espansione del fascismo nel mondo. Un sondaggio effettuato dall'Istituto Gallup verificò che il 76% degli americani era orientato a favore della Repubblica di Spagna.
Il 1° marzo 1937 il New York Times pubblicò una lettera degli intellettuali americani antifascisti a sostegno della causa repubblicana: in tutto 98 firme, tra le quali quelle di Franklin P. Adams, Brooks Atkinson, Robert Benchley, Genevieve Taggard, John Dewey, ecc. Le petizioni e i manifesti pubblici andavano moltiplicandosi, mentre le corrispondenze dai fronti di Spagna contribuivano moltissimo alla mobilitazione a favore della Repubblica. Le organizzazioni operaie americane dell'acciaio, dell'automobile, della gomma e del petrolio organizzavano manifestazioni sovente funestate da scontri con gruppi di destra. Alla fine del 1936 si tenne a New York una manifestazione di 16.000 persone per l'aiuto alla Spagna democratica.
Milioni di dollari furono raccolti dalle sottoscrizioni dei sindacati, e altre manifestazioni con un numero sempre maggiore di partecipanti (70.000 a New York nel 1938) si tennero in tutti gli Stati americani. Invece tentativi di fascisti statunitensi di organizzare manifestazioni simili in favore di Franco fallirono regolarmente: quella principale, che avrebbe dovuto svolgersi al Madison Square Garden, vide la metà dei biglietti invenduta e riuscì a raccogliere non più di 17.500 dollari. Purtroppo, ai finanziamenti provvedeva direttamente, e in misura ben più consistente, il grande capitale finanziario. Ma uno degli eventi più toccanti e incisivi della storia non solo del movimento filo¬repubblicano, ma del movimento socialista statunitense, si produce la notte del 26 dicembre 1936, quando senza nessuna cerimonia, i primi 97 volontari americani si imbarcano al porto di New York per andare a combattere nell'Esercito popolare spagnolo. Dopo pochi giorni il Congresso approva una legge straordinaria che vieta tassativamente ai cittadini statunitensi di arruolarsi nell'Esercito spagnolo. Ciononostante, nei mesi successivi i volontari continuano a partire per la Spagna utilizzando vari mezzi ed espedienti per aggirare i divieti governativi.
Come avvenne in altri paesi del mondo, i primi a prodigarsi per organizzare l'invio di volontari e i primi ad offrirsi come tali furono i militanti del PCUSA. I comunisti americani avevano alle spalle una già lunga esperienza di lotta, spesso cruenta, contro le organizzazioni padronali, agrarie e fasciste del loro paese, e proprio nel fuoco di questa lotta si erano formati elementi dirigenti e organizzativi assai determinati e dotati di profonda coscienza politica. Furono i primi ad affrontare il Nazi Bund statunitense e a picchettare il consolato della Germania nazista. Riuscirono anche a fare irruzione su un importante transatlantico tedesco all'ancora nel porto di New York, a strappare la bandiera con la croce uncinata e a gettarla nell'Hudson. L'autore del gesto avrebbe militato di lì a poco nelle formazioni internazionali in Spagna.
A sostegno dei volontari americani accorsi in difesa della Repubblica spagnola sorse un'organizzazione nazionale che raccolse l'adesione di 25.000 persone - tra cui celebrità come l'attore James Cagney - e costituì un fondo di 215.500 dollari per i combattenti. Altro settore che si mobilitò a favore della Spagna fu quello sanitario, per impulso di noti medici e scienziati delle Università di Harvard e della California. Nel gennaio 1937 fu organizzato un primo distaccamento medico, diretto dal dottor Edward Barsky, da inviare al fronte. Il distaccamento partì con personale e attrezzatura sufficienti per un ospedale da 50 posti, interamente finanziato dalle sottoscrizioni popolari.
117 fra medici e infermiere americani parteciparono alla guerra di Spagna, e molti di essi morirono sotto il fuoco. Gli ospedali da campo americani furono numerosi e tra i più efficienti, tanto che lo stesso Dott. Barsky fu nominato, nel 1938, comandante di tutti gli ospedali delle Brigate Internazionali.

2. IN SPAGNA

La prima notizia relativa alla partecipazione di volontari statunitensi al conflitto spagnolo apparve sulla stampa americana nel marzo 1937, e faceva riferimento alla battaglia della valle del Rio Jarama (febbraio 1937).
La battaglia del Jarama vede il battesimo del fuoco dei primi 450 antifascisti americani, organizzati nella XV Brigata Internazionale - Battaglione Abraham Lincoln. La XV Brigata era stata costituita tra il gennaio e il febbraio 1937 con volontari di lingua inglese, latinoamericani e una compagnia di italiani (inquadrata nel battaglione Dimitrov).
Agli ordini del comandante Robert Merriman, ventitreenne, docente universitario in California, comunista, il battaglione viene mandato all'assalto del monte Pingarròn. La posizione è fortemente difesa da nidi di mitragliatrici, che falciano i volontari americani. E’ il 27 febbraio, e su 450 uomini si contano 127 morti e più di 200 feriti.
Il battaglione Lincoln fu tenuto in linea per l'intera durata della battaglia del Jarama, e rinforzato con l'arrivo di nuovi volontari dagli Stati Uniti. Per tutto l'inizio del '37 esso presidiò la valle. Lo raggiunse, tra gli altri, il gruppo di 17 americani e canadesi guidato da Joseph Dallet. Costoro erano stati in precedenza arrestati dai gendarmi francesi a bordo di una barca con la quale tentavano di raggiungere clandestinamente la Spagna, e condannati in base alle direttive non-interventiste diramate dal governo francese. Scontata la condanna, tentarono nuovamente di raggiungere la Spagna per via di terra, questa volta riuscendovi. Joseph Dallet cadde pochi mesi dopo a Fuentes del Ebro, mentre guidava un attacco del Lincoln.
Nella difesa della valle del Jarama fu vanificata la manovra di accerchiamento della capitale spagnola ideata dai comandi franchisti.
Nel frattempo, negli USA, la notizia della presenza combattente americana in Spagna stava destando scalpore, tanto da indurre i servizi di sicurezza e l'FBI a prevenire ogni altro tentativo di raggiungere la Spagna da parte di volontari. La cosa divenne così difficile da limitare il numero degli aspiranti combattenti, che raggiunse comunque la cifra totale di circa 3.000 uomini.
Con il tragico battesimo del fuoco avvenuto sul Jarama, nacque tra i volontari della Lincoln un canto che divenne l'inno della Brigata. Sulla melodia della notissima canzone folk Red River Valley i volontari del Battaglione Lincoln cantarono:

"C'è una valle in Spagna chiamata Jarama, un posto che tutti noi conosciamo bene, fu là che portammo la nostra umanità, laddove tanti compagni sono caduti.
Siamo fieri del Battaglione Lincoln e la battaglia di Madrid che ci ha forgiati la combattiamo come veri figli del popolo nelle file della XV Brigata.
Quella valle di dolore è ora lontana, ma la sua immagine non ci lascerà più, quindi prima di lasciarci, protendiamoci verso una morte gloriosa"
{Jarama Valley)

Ai toni tipici della tradizione western si sovrapponevano le caratteristiche tragiche del canto di guerra, di una guerra ideologica e proletaria che vedeva ora l'apporto valoroso dei volontari americani.
Il Battaglione Lincoln, come tutte le altre formazioni internazionali, fu trasformato, nell'aprile del 1937, in Brigata. Una Brigata in cui militarono numerosi ebrei e uomini di colore, come Oliver Law, che divenne comandante e che fu il primo uomo di colore a comandare un'unità militare americana composta da bianchi e neri.
Law comandò il Battaglione Washington, formato con i molti volontari accorsi nella XV Brigata. Il Washington ed il Lincoln combatterono insieme nella grande battaglia di Brunete (luglio '37); attaccarono, nel tentativo di rompere le linee fasciste, i paesini di Villa Nueva de la Canada e Villa Nueva del Pardillo, e la collina di quota Mosquito. L'offensiva di Brunete perse però slancio a causa dell'endemica precarietà di mezzi dell'esercito repubblicano e anche a causa di errori del comando.
Nella ritirata conseguente al fallimento i volontari americani tennero la retroguardia, a contatto continuo col nemico sulle rive del Guadarrama. In dieci giorni di scontri i battaglioni Lincoln e Washington persero la metà degli uomini e vennero fusi in uno (il Lincoln-Washington, noto comunque, in seguito, sempre col nome di Lincoln). Il comandante Oliver Law morì nella battaglia, e con lui caddero anche i commissari Harry Hines e Morris Wickman.
Dai diari di alcuni sopravvissuti si scopre come molti volontari cadessero vittime dei cecchini fascisti appostati negli oliveti della piana di Brunete. Vittima di una di queste imboscate fu anche il newyorkese Sidney Graham, sulla cui tomba i suoi compagni scrissero in fretta:
"Morto perché vivesse la democrazia spagnola".
La XV Brigata Internazionale partecipò poi alla battaglia d'Aragona, alla presa di Quinto, di Purberell e all'assalto contro la cittadina-fortezza di Belchite, conquistata dopo aspri corpo a corpo. Si distinsero i comandanti e i commissari Steve Nelson, Cari Bradley, Philip Detro ed il già citato Robert Merriman, veterano del Jarama.
Venne poi il duro inverno '37-'38, che vide gli americani nel cosiddetto "Polo Norte" di Teruel. I nomi dei paesini circostanti quelle zone sono nella memoria dei sopravvissuti: La Muela, El Muleton, Santa Barbara, Rio Alfambra.. Dopo Teruel la XV fu inviata a Segura de los Baños, dove attaccò la Legione Straniera spagnola catturando una compagnia nemica e il suo ufficiale (l'episodio entrò nell'aneddotica del Lincolneers). Il comandante del V corpo repubblicano, Modesto, espresse la gratitudine della Repubblica ai volontari della Lincoln. Ma nel 1938 le sorti della guerra iniziano a volgere chiaramente a favore dei fascisti, che, nel tentativo di tagliare in due il territorio repubblicano, scatenano un'offensiva nella zona del Levante.
A Caspe le Brigate Internazionali stabiliscono un'area di riorganizzazione per poter coordinare le operazioni di difesa e ripiegamento. A fianco dei "garibaldini" della XII Brigata, i volontari della Lincoln affrontano le divisioni fasciste a Caspe, contenendo l'offensiva e permettendo al grosso delle forze repubblicane di attestarsi sulla sponda sinistra del fiume Ebro. Durante questa fase dell'offensiva fascista, il contingente americano cade, insieme ai tedeschi della XI Brigata Internazionale, in una sacca d'accerchiamento nei pressi di Batea. Le perdite sono gravissime, ma gli "internazionali" riescono a trarsi d'impiccio e a raggiungere il resto dell'esercito della Repubblica. Nel frattempo, i rovesci repubblicani e il costante apporto nazi-fascista alla "crociata" di Franco contribuivano lentamente a indurre a una presa di posizione diversa i governanti americani. Proprio in quei giorni, del resto, Hitler faceva occupare l'Austria dall'esercito tedesco.
Giunsero in Spagna segnali di settori del governo statunitense solidali con la causa del governo legittimo, mentre si moltiplicavano le mozioni contro l'embargo di armi per la Repubblica, senza peraltro risultati concreti.
Si giunse così al luglio '38 e all'ultima grande offensiva dei repubblicani, tesa a rompere il fronte franchista nella valle dell'Edro. Il grosso dell'esercito della Repubblica e tutte le Brigate Internazionali furono riorganizzati in quello che venne definito El Ejercito del Ebro. I comandanti Lister e Modesto diressero l'operazione, cui presero parte più di centomila uomini.
Le XI, XII, XIII, XIV, XV, CL e CLXIX Brigate Internazionali al completo passarono l'Ebro e attaccarono con decisione le posizioni franchiste. Queste, in una prima fase, cedettero molto terreno, ma poi obbligarono i repubblicani a una massacrante guerra di trincea che durò tre mesi, dissanguando le truppe e facendo cadere le ultime speranze antifasciste. Inutile ricordare che anche sull'Ebro il Battaglione Lincoln diede prova di grande valore, agli ordini di Milton Wolff, e Dave Doran.
Nell'ultima fase della battaglia dell'Ebro giunse dal governo repubblicano l'ordine di ritirare le formazioni internazionali dal fronte, a seguito degli accordi del Patto di Monaco. Tutti gli internazionali ripiegarono su Barcellona, da cui furono evacuati con vari mezzi. La maggior parte degli europei passò nei campi di raccolta francesi e gli americani riuscirono, a gruppi e con mezzi di fortuna, a tornare, dopo mesi, in patria.
Così, all'improvviso, finì la battaglia di Spagna per i 35.000 volontari stranieri antifascisti. Gli europei andavano incontro all'impegno nella Resistenza, per la quale la "lezione" spagnola si sarebbe rivelata assai utile. La stessa cosa valse per molti latinoamericani, impegnati nelle lotte emancipative dei rispettivi paesi.

3. IL RITORNO

Gli uomini della Lincoln fecero ritorno in una realtà già molto cambiata rispetto a quando, solo pochi anni prima, erano partiti: la tensione per la minaccia di guerra era ormai acquisita, e un antifascismo molto meno "ideologico" del loro era diffuso in vasti strati dell'opinione pubblica. Scoprirono tragicamente come, al di fuori delle organizzazioni più vicine, pochi conoscessero i loro sacrifici nei tre anni trascorsi in Spagna. I problemi quotidiani, le rivendicazioni contingenti, l'ostracismo antisocialista costantemente presente distraevano l'attenzione dalla causa spagnola ormai persa, e quindi anche dalla loro esperienza.
L'impegno dei reduci fu comunque subito teso alle pressioni, da un lato per la liberazione di prigionieri nelle carceri di Franco (che nell'aprile 1939 poneva fine al conflitto vincendo la guerra), dall'altro per l'intervento americano contro il fascismo europeo. A luchar en otros frentes..., recitava una canzone della XV Brigata Internazionale. Questo impegno assunto dagli uomini della Lincoln fu mantenuto quando, pochissimi anni dopo, gli Stati Uniti entrarono in guerra.
Molti ex lincolneers riuscirono ad arruolarsi nell'esercito americano, e combatterono e morirono sulle spiagge di Omaha e di Iwo Jima o sulle colline di Bastogne e Montecassino; tanti altri - i comunisti e i socialisti più notoriamente ideologizzati - furono però interdetti dall'U.S. Army e tenuti lontani dai ranghi militari.
Nei mesi immediatamente precedenti lo scoppio della II guerra mondiale moltissimi ex volontari del Battaglione Lincoln furono schedati e interrogarti dal tristemente noto Comitato investigativo per le attività anti-americane e, anche se arruolati nell'esercito regolare, segnalati come "antifascisti precoci". Disposizioni segrete vietavano determinati usi militari di ex "spagnoli". Solo pressioni e proteste riuscirono a sbloccare i casi di alcuni volontari di Spagna, nuovamente volontari nella seconda guerra mondiale.
L'impegno dei lincolneers nella denuncia delle connivenze di certi ambienti economici
statunitensi con il capitale tedesco continuò per tutta la durata del conflitto, in un ostinato rigore politico e morale.
Anche la seconda guerra finì e la Spagna fu lasciata sola. L'intervento bellico contro Franco e la dittatura spagnola non trovò attuazione, con grande delusione di tutti gli ex internazionalisti.
Negli Stati Uniti, concluso il conflitto, si scatenò la repressione maccartista contro i comunisti. Gli ex lincolneers furono colpiti da un'ondata di arresti, e ostacolati nelle loro professioni. Il movimento operaio americano, tanto cresciuto negli anni Trenta e Quaranta, ricevette un colpo da cui non si sarebbe più ripreso.
La lotta per i diritti umani, per la parità razziale e a sostegno dei movimenti di liberazione, da Cuba al Vietnam al Cile, vide comunque i volontari della Lincoln Brigade sempre in prima fila, disprezzati dalle frange conservatrici, non degnamente ricordati dalla maggioranza, ma profondamente amati e rispettati dai militanti dei movimenti progressisti e pacifisti americani.
All'amarezza e alla delusione generalmente provate da molti ex combattenti per la libertà di tutti i paesi nel vedere le speranze, che animarono i giorni della lotta, tradite o comunque non realizzate appieno, si aggiunse, per i reduci americani delle Brigate Internazionali, il dolore per una repressione protratta nel tempo in uno stillicidio di episodi. Essi finirono anche nel mirino di Reagan, che più volte li ha citati come "unico esempio indegno della tradizione militare USA". Tali citazioni hanno però contribuito a rispolverare la storia dei lincolneers e in televisione sono apparsi servizi documentari sulla loro vicenda di mezzo
secolo prima. Un nuovo interesse per la loro lontana avventura libertaria ha toccato, seppur moderatamente, la pubblica opinione.
L'associazione dei veterani della Lincoln vive tuttora e ha sede a New York (Broadway). Colpisce di loro l'eterogeneità anche esteriore dei tipi: si va dal musicista dall'abbigliamento stravagante al docente universitario con giacca e cravatta. Tutti si conoscono da allora, dai campi del Jarama, di Brunete, dell'Ebro; per tutti una storia comune di grandissimo idealismo e di sofferenze, vissuta in contesti ormai lontani anni luce.
Il battaglione Lincoln costituisce, alla visione attuale dei fatti, un esempio forse unico al mondo di comunità particolarissima ed esigua, staccatasi come una scheggia dalla realtà americana e mai più integratasi nel proprio corpo sociale in modo compiuto.
Genevieve Taggard, intellettuale statunitense, scrisse senza retorica alcuni versi, intitolati appunto "Ai veterani della Brigata Lincoln", che rispecchiano perfettamente la vicenda di questi personaggi:

"...se non morirono, tornarono e trovarono una pace / che non è pace. Dite pure di loro che non sono più giovani, non hanno più appreso
le furbizie, gli espedienti della pace, di questa pace, i trucchi della paura;
e dite pure di loro che ciò che sapevano, tuttora sanno. /
E ciò che osarono, osano tuttora."

I canti dei volontari americani sono stati raccolti pochi anni dopo la guerra di Spagna da ricercatori musicali di grande levatura, quali Pete Seeger.-e Bessie Lomax. Ballate narranti, sullo stile dei cantastorie, la storia del Lincoln Batallion e le vicende dei volontari, vennero portate in giro per gli States da molti folk-singers americani, primo fra tutti il grande Woody Guthrie. Essi contribuirono a calare la storia "non ufficializzata" e non riconosciuta in quello che è il naturale terreno da cui ha avuto origine: la realtà popolare, operaia e proletaria americana.
Oggi l'Associazione dei veterani della Lincoln coopera con le organizzazioni di solidarietà con i popoli latinoamericani oppressi dalla prepotenza economica statunitense. I volontari sono sempre controllati, anche se con grande discrezione, da parte dell'FBI e di altre agenzie. Raccolgono fondi e organizzano l'invio di "nuovi" internazionalisti nei campi di lavoro in Nicaragua.
L'ultimo comandante della Lincoln, Milton Wolff, dirige a tutt'oggi l'Associazione dei veterani e si reca frequentemente in Nicaragua, per accompagnare l'invio di aiuti frutto di sottoscrizioni effettuate congiuntamente ad altre organizzazioni progressiste americane.
Questa è, fino ad oggi, la storia della leggendaria Brigata Lincoln.

4. C'È UNA VALLE IN SPAGNA...

In un hotel di Caspe, teatro cinquantanni fa di scontri violenti, incontrai nel 1986 alcuni sopravvissuti americani della Brigata, in visita alla Spagna dopo tanti anni. Uno di loro, mutilato di un braccio dai tempi della guerra, accennò col piano alcune note della loro canzone, Jarama Valley. Tutti intonarono sommessamente le strofe malinconiche di quel canto, e all'ultimo verso si alzarono in piedi. Erano sette od otto ultrasettantenni che cantavano per loro stessi, non per altri convenuti o in omaggio agli ospiti spagnoli. Io ero in disparte e "spiavo" la scena.

"...C'è una valle in Spagna chiamata Jarama..." {"...There's a valley in Spain called Jarama...")

Da Progetto Memoria, A. II n. 15, autunno 1989.

Pubblicato Agosto 7, 2008 05:42 AM | TrackBack
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